giovedì 29 agosto 2013

La metro accelera...eccetera, eccetera.

In metro, di ritorno da un viaggio dalla terzultima di un capolinea alla penultima  del capolinea opposto. Roba da passaporto capitale.

Il vagone è semivuoto. Avanzano posti a sedere. Non è un miracolo. E' Agosto.

Il primo posto a sinistra della porta da cui sono entrata è mio: scampoli di pigrizia vacanziera che sono lieta mi accompagnino per un mesetto dopo il rientro.

Non appena seduta, prendo il lettore mp3 dalla borsa e mi impegno a scegliere qualcosa che mi musichi le idee.
Scelgo Bersani: Manifesto Abusivo.

Mentre Samuele soverchia la voce registrata che sta dicendo "Prossima Fermata, Eur Palasport" cantandomi direttamente nelle orecchie, io alzo lo sguardo e noto due persone sedute di fronte a me, un uomo e una donna sembrerebbe di pari età, distanziati da un posto vuoto.

Li noto perché la disarmonia di quelle due persone insieme è fastidiosa. Penso che anche non conoscendosi, il dio del buongusto non avrebbe dovuto permettere un tale scempio, è tutto vuoto il vagone, perché così vicini?

Peggiora la situazione il sedile blu quasi elettrico che li separa.

Sono costretta ad abbassare lo sguardo per non avere un attacco di labirintite.
Dura poco però. Rialzo gli occhi dopo neanche un minuto.
E' impossibile non soffermarsi tipo sindrome di Stendhal, davanti quella macchia dissonante.

Lei è seduta nel posto centrale di cinque in fila, porta un cappello di paglia fucsia adornato da un nastro a fiori fucsia e verdi, pendenti amaranto le scendono dai lobi; un vestito, intrecciato sul petto, verde scuro a pois bianchi lungo appena fin sotto il ginocchio e leggermente svasato completa il tutto.
Perfetto, per il suo fisico slanciato, anche il sandalo beige chiaro e lucido, mostrato dal piede disteso sulla sua gamba accavallata. Viso delicato, nord europeo senza dubbio, anche se non so darle una nazionalità perché non ha i lineamenti duri delle donne dell'est ma neanche il naso all'insù dei francesi, i colori scuri delle spagnole, insomma niente di visibile che le faccia da passaporto.

Legge la guida di Roma, una turista quindi, che ha poggiata su una borsa in pelle fucsia perfettamente abbinata al cappello. La trovo molto graziosa. Lei, non la borsa.
Una bellezza quasi antica, racchiusa dal vezzoso cappello e da ordinati capelli corvini, in un viso di porcellana. Sembra uscita da un quadro di Renoir, "Le déjeuner des canotiers per esempio, o il "Bal au Moulin de la Galette".



Due posti dopo, dunque, un uomo.
Il viso ceruleo e i capelli biondi e corti sono parzialmente coperti, non da un delicato cappello di paglia, ma da un berretto con visiera dei New York Yankees di color verde militare che ha l'aria di essere un gadget di quelli a metà prezzo, rimasti invenduti perché di una tonalità immettibile.
La stessa aria ce l'ha la t-shirt.
In questo caso è il disegno raffigurato sul fronte, ad essere immettibile!
La maglietta è blu scuro e ha stampato a grandezza torace, praticamente dall'ascella sinistra al fianco destro, un pesce tipo carpa, con tanto di "ala gigante" sul dorso, nell'atto di saltare dall'acqua, come se stesse scappando da una lenza. Ci sono anche le onde. Chissà se la schiumetta bianca è fluorescente...

Mi domando: è il trofeo di una gara di pesca o ha rubato a Sampei la sua maglietta preferita?

Il mio senso di disgusto mi fa pensare che esista un negozio pieno zeppo di rimanenze di migliaia di magazzini in tutto il mondo, per feticisti di merchandising e souvenir brutti, di colori non presenti in nessun pantone, neanche quelli delle vernici per pareti, creati, da menti disturbate, per musei, città, film, sport, negozi e tutto ciò che si crede abbia senso immortalare su un oggetto a caso.

Continuo a fissare la bocca aperta della carpa che sembra lanciarsi verso di me.

L'idea mi fa ritrarre, poi la radiografia  ai dirimpettai continua, non posso farne a meno.
I pantaloni che indossa l'uomo, sono la cosa più normale che ha.
Brutti ma normali: bermuda jeans, verde sbiadito.
Palese residuato bellico degli anni ottanta.
Credo che di quel colore muschio seccato al sole li facesse la Best Company, la marca che nel decennio in cui era di moda, ha arricchito il negozio di sport "Cisalfa", facendo vendere, a prezzi assurdi, chilate di felpe con dei ricami di montagne e marmotte talmente brutti, che neanche il guardiano del parco dello Yellowstone come giacchetto da casa se le sarebbe messe.
Noi invece sì. Poveri adolescenti imbecilli.
In ogni caso, tornando ai bermuda, se non fosse stato per la maglietta, sarebbero potuti anche andare d'accordo con il cappello.
Ma la maglietta col pesce in fuga c'è e continua a minacciarmi .

Il pezzo forte lo fanno le scarpe. E i calzini. Sì, perché indossa un paio di mocassini morbidi finto scamosciati, quindi di plastica effetto camoscio, color sabbia bagnata, di quelli con piccoli elastici ai lati che permettono di inserire meglio la scarpa.
Questi erano indubbiamente di plastica (o ecopelle che fa più chic) ma per conoscenza del mondo, informo che li fanno anche di marche più che rispettate, in pelle umana quasi e cari ammazzati.
A me fanno cagare allo stesso identico modo.
Se aggiungiamo poi che all'interno erano contenuti, oltre ai piedi dell'uomo, anche dei calzini di spugna, di quelli da tennis, corti, alla caviglia per intenderci, che facevano intravedere, dall'arricciatura dovuta alla forza di gravità (o alla gravità della condizione degli elastici, non lo so) il disegno di due racchette intrecciate e due righe, una bianca e una blu a contorno, possiamo considerare il quadro completo.
E non è un Renoir...

Niente borse o zaini...ha una busta trasparente in cui tiene 2 mele verdi.
Forse voleva abbinare almeno quelle ai vestiti. Apprezzo lo sforzo.
I due vicini non si parlano, non si guardano.
Lui è palesemente stanco, con gli occhi più vicini al sonno che alla veglia, con la testa in procinto di cadere e il sacchetto di mele dondolante sulle mani lasciate a peso morto.
Lei continua a leggere la guida con un lieve sorriso, la posa eretta e lo sguardo sereno.

Sono lì che prego non siano una coppia. Una questione di principio, mica che a me cambia nulla, è chiaro, ma... ma... nun je la posso fa'.

Immagino lei che apre il suo armadio di vestiti semplici ma coordinati, che sceglie con cura cosa le sta bene e lo indossa come fosse la sua pelle, che sta attenta ad apparire fresca per sentirsi fresca.
Immagino nell'armadio accanto lui, con la tessera del negozio di souvenir brutti, felice di essere un daltonico per scelta, che sfoggia i suoi ultimi terrificanti acquisti, fatti senza dubbio, nella solitudine dei suoi gusti orrendi.

Sto ancora ultimando la mia scansione, arrabbiandomi senza motivo per la loro vicinanza e inorridendo per la macchia di colore fastidiosa, quando la voce registrata della Metro B annuncia "Prossima fermata Colosseo".

Quasi tutti i presenti sul vagone si apprestano a scendere.
Madame Renoir chiude la guida e girandosi verso lo Yankee, gliela porge.
Lui la mette nel sacchetto con le mele.
Nel sacchetto io vorrei vomitarci.

Si prendono per mano ed escono.

Mi arrendo. Distrutta.

Love is COLOUR-blind.

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