Roma: 24 Maggio.
Più che mormorare il Piave qui, me pare che ar Tevere je rode proprio er culo. Ma sono dettagli.
Che il meteo ci stia ricordando per chi non votare alle comunali?
Lasciamo stare. Ho altro di cui preoccuparmi!
Per esempio...
L'anno scorso e nei precedenti 39 della mia vita, a questo punto del calendario, sfoggiavo, già da un po', un colorito semi estivo che faceva dimenticare con un velo sul viso, l'inverno appena passato.
Faceva 25 gradi, portavo sandali il giorno e giacchettini di cotone la sera, avevo voglia di cocomero.
Oggi fa freddo, sono pallida come una stearica, il mare l'ho visto per sbaglio e ci pioveva pure sopra, non riesco a completare il cambio di stagione, continuo a desiderare la zuppa di zucca, non posso godermi il fatto che faccia buio tardi.
Solo una cosa c'è di positivo in questa triste finta Primavera: le zanzare ritardano.
Nei precedenti anni, il 24 di Maggio, già lottavo contro un esercito di affamati vampiri che mi aspettavano sulla soglia di casa, muniti di fazzoletto legato al collo e pungiglione dritto che neanche il membro di Rocco Siffredi all'inizio della sua carriera.
Erano lì, le maledette tigri, a volteggiare rumorosamente sul balcone formando, al pari di uccelli migratori poco gentili, scritte minacciose del tipo "Welcome dinner" o "Co' la citronella ce aromatizzo la cena", a seconda che fossero immigrate o autoctone.
Le temevo come si teme un nemico insidioso, che ride dei tristi rimedi trovati dal suo avversario per farlo fuori.
Gerani, zampirone, spray repellenti, braccialetti, veleni, ultrasuoni, gabbie elettriche e la zanzara lì, sempre più forte, sempre più furba, pronta a colpire il punto debole del suo obiettivo, l'unico punto lasciato scoperto dalla disattenzione di chi pensa di farla franca.
Oggi c'è vento. Un vento forte e chiaro, avvertito come la voce di un potente, che muove cose e persone nello stesso verso.
Ieri pioveva. A tratti. Per pochi minuti. Poi di nuovo il sole. Pioveva secchi violenti d'acqua che appiattivano a terra ogni cosa tentasse di guardare Roma dall'alto, come un monito.
Poi fa freddo. Un freddo di inizio novembre, che congela le speranze di lasciarsi alle spalle il brutto che quest'inverno ci ha sbattuto in faccia.
Madre Natura rende triste la Capitale di maggio e l'avvolge in un'Italia fredda, un'eccezione da ricordare e su cui riflettere ma ci lascia una speranza:
la speranza che dice "tranquilla, si può ancora cambiare, non è ancora stato messo un punto!"
.... già...almeno sulle mie gambe.
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