giovedì 29 ottobre 2015

E Marina se n'è andata, oggi insegna in una scuola.

Questa canzone, "Sotto il segno dei pesci" è del 1978.
Avevo cinque anni.
Il retro del 45 giri è "Sara".
Potevo non farmi delle domande alle quali, ovviamente, non ho mai dato risposta? No, non potevo.

Ho detto in un post precedente che ho sviluppato un'antipatia per Venditti da molti anni e ho promesso che ne avrei raccontato il motivo.
Ne approfitto visto che ciò di cui è invaso il web questi giorni, fa solo capire che nessuno ha più voglia di capire e la cosa mi fa incazzare tantissimo, tanto che preferisco dimenticare e distrarmi con un'altra delle mie storie - non storie. Ammappa che frase con-torta (risate)!

Si sappia che ho fatto un  dolce dal nome "chiboust alle mele" ovvero fatto con la crema chiboust che era la prima volta che la sentivo, figuriamoci che la facevo. 
A quanto pare è la crema usata nel Sant-Honoré. Mo sì. 
Mischiamento di crema chiboust
La torta non è venuta affatto male, la crema chiboust non si è smontata pur essendo crema pasticciera calda mischiata ad albumi montati a neve, la frolla era croccante, lo strato di mele e zenzero a mio avviso troppo gelatinoso ma roba de gusti. 
Quindi a parte l'estetica che ancestralmente non è il mio forte, il risultato è stato decente. A bake off sarei finita tipo quinta su 10. 



Venditti, dicevamo.
La mia antipatia deriva da racconti di papà. Potrebbero essere romanzati, forse leggermente gonfiati ma di fondo, un po' di verità, sicuramente c'è.
Venditti è del 1949, cresciuto nel quartiere Trieste a Roma.
Papà del 1942, cresciuto al centro ma stabilitosi, più avanti, a quartiere Trieste.
Si incontrarono a quanto pare, in quelle che un tempo chiamavano bische ma che in realtà erano più che legali: biliardi, ping pong e tavoli da gioco.  
Insieme giocavano a ping pong. Papà era molto bravo, Antonello, stando sempre ai racconti, un po' meno di lui.
Papà mi diceva che er sor Venditti  stava seduto a suonare la chitarra, mentre lui e i suoi amici giocavano e strimpellando diceva che voleva fare il cantautore.

Mele uvetta e zenzero in gelatina
Lo prendevano tutti in giro dicendogli "ma 'ndo vai che sei stonato come 'na campana!?" oppure "A mozzare'" perché così lo chiamavano "ma 'ndo vai co' quella voce? Datte all'ippica".
Su questo, senza dubbio, ha avuto ragione lui.
Il racconto, a questo punto, ha qualche lacuna. Ovvero ad un tratto mi trovo, non so perché, alle selezioni regionali per i giocatori di ping pong dove si trovavano sia mio papà che Venditti.
Come ci siamo arrivati, non lo ricordo.
Se sia un ricordo congruo, tanto meno.
Papà è morto nel 1995, i racconti risalgono alla mia infanzia, sapendo che mi devo segnare pure quando fare pipì sennò me la faccio sotto, si può immaginare quanti buchi di memoria io possa avere. Ho un fischio continuo nel cervello, tipo pentola a pressione.
Anyway... Papà mi raccontava che un incontro svoltosi in quella manifestazione, è stato il motivo dell'allontanamento tra loro due.
Ovvero  papà ha battuto Venditti in uno scontro diretto e l'ha di fatto eliminato.
Ma lui voleva fare il cantautore e quell'eliminazione ha aperto strade diverse.
Vero? Non vero?
La costruzione di questi eventi è legata ovviamente al punto di vista di mio padre (e alla mia labile memoria).
Per lui, dopo aver passato anni vicini a giocare e divertirsi, era inimmaginabile che un amico si potesse scordare di lui appena diventato famoso e forse ha preferito legarlo ad un evento preciso, ad un banale incontro di ping pong, piuttosto che al discorso "fama" che porta al naturale allontanamento di due persone che sì, si conoscevano ma non erano fratelli.
Sta di fatto che 'sta storia a mio padre non gli andava giù (ragazzo di campagna...) .
Non se ne faceva una ragione. Raccontava l'aneddoto sempre con una punta di amarezza.
Mai di astio. In tanti anni non ho mai visto mio padre seriamente arrabbiato con qualcuno se non con chi aveva fatto del male a me o mia sorella.
Solo amarezza. Amarezza di chi si è sentito tradito.
Siccome io ero una bambina particolarmente sensibile, per me Venditti aveva ferito mio papà e quindi mi stava sul cazzo.
E dunque il 45 giri: mia madre si chiama Marina e insegnava; io, fino a prova contraria, mi chiamo Sara.
Un 45 giri che sembrava dedicato a papà.
Ovviamente no ma nella mia testa era così. Infatti quelle canzoni le salvavo dall'antipatia.
Malgrado poi crescendo quel "forse un giorno ti sposerò" mi abbia dato fastidio come una pulce nelle mutande.
La storia però non finisce con le mie pippe mentali.
Va avanti ad un giorno che mamma e papà decisero di pranzare in un ristorante fuori Roma dove amavano andare.
Torta pronta e tagliata
Non ricordo nè il nome del posto, nè l'anno. Diciamo che ero adolescente quindi tra l'87 e il 91.
Tornato a casa, papà raccontò che Venditti era lì a pranzo circondato da guardie del corpo.
Ha provato ad avvicinarsi per salutarlo ma lui lo ha ignorato.
Così gli ha detto "Mozzare', so' io, Roberto Gubbinelli, te ricordi? Dai, ar buco?" (il buco era chiamata la bisca).
Ma lui no, gli ha mandato incontro le guardie del corpo.
Così la mia antipatia si è consolidata.
Quando papà morì, ero decisa a vendicarlo. Nel senso bonario del termine.
Ovvero a far  sapere ad Antonello che era uno stronzo, che salutare vecchi amici non lo faceva tornare il mozzarella e che non lo avrebbe potuto più salutare perché quell'amico se n'era andato in 4 mesi.
Mi capitò un'occasione: Un giorno a caso di un anno tra il 95 e il 98, Venditti era ospite a Radio Italia credo per la presentazione di un disco.
Chiamai per parlarci inventando che ero una grande fan.
Si lasciava il nome e il numero ad una signorina e si aspettava che tra le mille telefonate, scegliessero di richiamare in diretta, proprio te.
Capita mai che richiamino? No. Invece a me sì. Sembrava destino!
Peccato che oltre ad essere sensibile ero anche timida. Timidissima.
Nella vita ho sempre preferito stare dietro i palchi, non sopra.
Mi vergognavo talmente tanto che  gli passai mia sorella, che forse ancora mi maledice.
Gli chiesero la canzone preferita ma lei non ne conosceva una. Giustamente.
La telefonata finì così, con la timidezza a farla da padrone e un sacco di rimpianti.
E Venditti ancora oggi ignora, sempre più arancione, sempre meno mozzarella, sempre più strillone belante, che mi è sempre più antipatico  per una storia di amore.


Che non si dica che la torta in realtà non l'ho fatta...



p.s. Sì, potrei chiedere la versione a mia sorella e a mia mamma di questa storia, per sapere quanto sia rispondente a realtà ma non so se ne ho voglia. Ormai mi tengo l'antipatia che così magari un giorno lo incontro e lo insulto, pure se senza motivo. 

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