venerdì 23 ottobre 2015

Arrivederci Roma

Sto indietro. Indietrissimo.
Ho già fatto 2 torte e non ne ho ancora scritto.
La settimana passata sono uscita parecchie sere, 3 concerti tra lunedì e giovedì, un aperitivo, le altre 2 in palestra.
Praticamente sono stata a casa solo sabato. Molto radical chic, lo so.

Solo che di radical chic ho anche le occhiaie, il passo stanco e il look trasandato.
Più che un'intellettuale sono un cesso.
Le torte però ho avuto il tempo di farle.

La scorsa settimana, per esempio, ho provato una terza torta di mele.
Ho cominciato a farla domenica mattina prima che arrivassero i miei nipoti a pranzo e l'ho sfornata che erano appena giunti.
Livello di cazzate commesse: 'na cifra.
Prima di tutto aver dimenticato di fare le foto. Salvo una, l'ultima, perché me l'ha ricordato Corrado.
Quindi libera come l'aria dal dover descrivere i mille procedimenti, compreso un pan di Spagna che sembrava un frisbee all'uovo e una crema decisamente troppo calda, dedico questa torta e quest'ultima parte di post al Sindaco forse ex nun se sa, Marino e alla Roma che ha lasciato.

Se mi avessero detto, non tantissimo, sei o sette anni fa che in futuro avrei avuto voglia di lasciare Roma, non ci avrei creduto.
Potevo rinunciare a tutto nella mia vita, soldi, amore, casa, futuro, tranne che a Roma.
Avevo bisogno di uscire di casa e respirare l'ironia generata dal guaio, protagonista indiscussa del nostro essere.
Avevo bisogno di sentire "E che ce vòi fa'" , "Sòna che ballo", "Te manca la tèra sotto i piedi", "Sto anna' all'arberi pizzuti", "Sto a batte le brocchette", "Pizzica sta giannella", così come ogni iperbole spontanea, figlie di innata necessità di esasperare le cose, dal quale non possiamo prescindere.
O i giri di parole infiniti per esprimere un singolo concetto, anche gravoso, che in questo modo finisce per farti sorridere: i celeberrimi "Aho, te pisto come l'uva", "Te do 'n cazzotto così forte che quanno finisci de girà, li vestiti tua so' passati de moda", "Te piego come 'na Graziella", "T'apro come 'na cozza" ecc ecc. Frasi queste ormai entrate nel linguaggio comune (e provincia) ma che evolvono, assumono connotazioni diverse a seconda del momento.
Avevo bisogno di questo, un tempo. Di sentire che una frase mi ripagava del traffico e dello stronzo, perché quelli stanno ovunque, dello smog e dell'arroganza, delle cacche dei cani e dei furbi, dei difetti immensi di questa città e dei suoi cittadini.
Ero felice quando scendevo al bar sotto casa, aperto 24 ore, alle 2 di notte, in infradito e mollettone, per prendermi un cappuccino e fumarmi una sigaretta; ero felice quando andavo al mercato a senti' "Aaaannamo che so' matta!!! Daje che regalooo".
Ero felice anche il giorno dopo il derby, anche se la Lazio perdeva, perché eravamo capaci di prenderci in giro bonariamente, senza mai sorpassare limiti di decenza.
Era un chiasso allegro, quello di Roma.

Non è che non ci fossero problemi di traffico, che non ci fossero buche, che non ci fossero file ovunque, disservizi, Asl stracolme, autobus colmi e rari, macchine in tripla fila, assenza di parcheggi, lavori nei mesi e nelle ore peggiori, allagamenti, ruberie e furbizie.
Roma è così da sempre.
Ma noi ne sapevamo ridere. Un discorso di compensazione, probabilmente.
Sembravamo pure matti, agli occhi d'Italia.
Ladri e complici, allora, se ridete della vostra misera situazione!
No.
Semplicemente è così che siamo.
Forse è anche per questo "così" che qui fanno tutti come je pare.
E però hanno un po' sgravato: totale assenza di controllo, corruzione senza fine, servizi ridotti all'osso, scandali da telenovela, rigurgiti neofascisti ecc ecc ecc.
Così, come reazione a catena, piano nel corso degli anni, dal più potente al più povero, ognuno si è creato la propria verità, quella che lo fa sentire autorizzato a far prevaricare i suoi bisogni su quelli degli altri.
Se mi avessero detto, anche solo 5 anni fa, che avrei sognato di andar via da questa città, non ci avrei creduto.
Ora, scoraggiata e ormai convinta che non cambierà mai nulla qui, ne vorrei fuggire.
Non si smette di combattere per la giustizia, lo so, ma viveteci voi in questo inferno di finta democrazia.

Marino che c'entra?
Niente.
Almeno non molto.
Però du' paroline je le devo di':

Igna', mo io te racconto du' cosette, poi te fa 'n po' come te pare.
Nun me stai simpatico, no.
A Roma nun ce stanno simpatici quelli che arìvano e dicheno "voi romani non ce capite niente, lasciate fare a me". Perché te risponnemo subito "Ma che ne sai te che manco sei romano, de come se vive qui? Vedi d'annattene a...".
Parti già svantaggiato perché te manca la mano coatta da agita' contro lo spocchioso de turno e l' "aoh" detto come se deve, come t'hanno provato a spiega' bene a Gazebo: Makkox spiega "Aoh"..
E nun lo puoi fa' tu quello spocchioso! No!
A Roma devi soride e buttalla nel culo a tutti. Così se fa. Ma no soride come fai te che uno se chiede pure se c'hai 'na paresi. No. Devi soride sornione.
Tutte le cose che hai fatto de bbbono  tutte le belle idee de manna' fuori er marcio de sta città che sei riuscito a porta' a termine e che la gloria di Roma te ne renda merito, so' morte soffocate 'n mezzo a quer sorisetto da primario del Policlinico che te porti dietro.
Sì, capito, come quanno vai dar dottor Mecojoni e je sganci ducento euro pe' fatte di' quello che t'ha detto pure er medico de base e lui te guarda dall'alto in basso pe' fatte vede' che sei ignorante e che ne sai... ecco no. Quel sorisetto lì c'hai tu. E qui non va bene.
Qui devi parla' la lingua nostra.
E questa è 'na premessa.
Perché poi va a vede', io t'ho votato e lo rifarei. Subito.
Stamo ner dumilaquindici e ancora comanna la Banda della Magliana, ancora la monnezza va a fini' in mano alla camorra, ancora l'autobus passano pieni e rari che manco a Nuova Delhi, ancora riescono a butta' fuori un sindaco co' du' bottije de vino.
Ma che davero, davero?
Allora io te rivoto, Igna'.
Perché tu devi porta' a termine quello che hai cominciato, devi sfonna' sto muro de corruzione e manna' a fanculo sto PD de ladroni.
Nun me frega niente se t'allei coi 5stelle, anzi, fai pure bene.
Pijate du' persone oneste e mettitele vicino. Almeno co' loro cor discorso scontrini stai a posto, no?

Igna', nun te n'anna', rimani. Nun le famo altre elezioni che ce manca solo de ritrovasse a dove' sceje tra 'na fascista, 'n palazzinaro e 'no sconosciuto che Di Battista nun se po'.

Però... e qui tornamo ar discorso de prima delle du' paroline però poi tu fa come te pare... però devi impara' a tratta' coi romani e devi mettete vicino quarcuno che parli ar posto tuo.
Fatte doppia'.
Chiedi a Pino Insegno! Vedrai che te sa aiuta'. E' 'n fenomeno. Fa tutto lui ormai.
Oppure fa' na seduta spiritica e chiedi consiglio a Albertone... se c'era lui stavi a cavallo ma nun ce sta più, quindi chiamalo co' la maga e fatte di'.

De mio te suggerisco du' nomi, così magari ce fai 'na pensata eh?

C'è Bruno Conti che nun sta a fa niente sto momento. Faje 'no squillo. Ce parli, da omo a omo e je chiedi se traduce quanno parli. Tu je le dici all'orecchio le cose e lui le dice a noi.

Sennò Maurizio Battista. Lui c'ha un po' più da fa'. Però magari 'na mano te la dà pure se je la fai chiede da Bruno Conti, no?

Tu però, scusa, altre du' cosette... nun te n'anna' e questo te l'ho già detto.

Poi nun te scorda' che Roma campa de cultura riflessa.

Se nun je dai 'na lucidata costante, a sta cultura e nun riflette più, qua so' cazzi.
Quindi oltre a Ama e Atac, ricordate pure dei musei e dei monumenti.

Grazie Igna'. Tu mo' fa come te pare. E scusa se t'ho dato del tu.

Tie', t'offro 'na fetta de torta de mele alla romana.
Gradisci?
L'uvetta bruciata la puoi leva'.





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