martedì 21 luglio 2015

E vinci casomai i mondiali

Quando ero adolescente, no, non mentiamo, diciamo dai 16 agli X anni che per pudore ometterò, sono stata, nel senso più infantile del termine, innamorata di Walter Zenga.
Sì, il portiere dell'Inter e della Nazionale Italiana di calcio, migliore nel mondo per 3 anni di seguito, mondiali del '90 compresi.
Un'infatuazione che oggigiorno potrebbe essere attribuita solo ad una velina!
Come tutte le persone che poi ho amato profondamente, Walter Zenga lo detestavo. Lo trovavo supponente, fanatico, spocchioso ed anche antipatico.
Poi un giorno, d'improvviso, durante un'intervista in cui ha detto la sua mettendo le cose molto a posto, ho cambiato radicalmente idea.
Da quel momento in poi è stato stalking. Parola che allora non esisteva, altrimenti io sarei stata quasi denunciata.
Quando racconto quegli anni, lo faccio sempre come la zia anziana, circondata da nipoti che ascoltano che matta che era la vecchietta canuta e rincoglionita che hanno di fronte.
Mi piace farlo in modo evocativo, come se stessi a racconta' che ero Frodo alla ricerca dell'anello.
Racconto, per esempio, che una volta Walter Zenga con l'Inter, alloggiavano all'allora Jolly Hotel di Corso Italia. Entrare era praticamente impossibile e i calciatori non uscivano. L'Inter perdeva spesso e necessitavano concentrazione.
Così per vedere almeno un secondo il mio eroe, cosa dalla quale non potevo prescindere, sono entrata nel garage del Jolly Hotel, passata negli ascensori di servizio, nascosta in uno stanzino pieno di divise da concierge e poi passata a fingere una telefonata in una pseudo cabina posta nell'atrio dell'Hotel.
Mi hanno ovviamente cacciato via in malo modo. Ignoranti. Neanche un po' di cavalleria! Uno s'aspetta che dentro un 5 stelle venga trattato coi guanti bianchi! Infatti, però coi guanti bianchi mi hanno gentilmente accompagnato fuori dalla porta.
Eppure ho fatto tutta quella cosa convinta che, come nei film, te la cavi se passi dal garage. Chissà chi pensavo di essere, James Bond probabilmente; ci sono telecamere anche nei cessi, in questi alberghi, figuriamoci che me tenevano d'occhio che manco Bin Laden. Oh, comunque so' entrata dalla porta de servizio e uscita dalla porta principale: 'na certa soddisfazione!
Un'altra volta invece, Zenga era con la nazionale italiana in ritiro nell'hotel della Borghesiana. Riserbo totale, guai a far avvicinare i fan, guai a disturbare i calciatori!! Ma io, in quel frangente in compagnia di mia sorella, mia cugina e una mia amica, ero lì speranzosa. Una mattina  passata a elaborare piani su come entrare. Ad un certo punto l'ideona! Sulla strada verso l'hotel, imbocca un signore con Patrol a vetri oscurati. Tanto gli abbiamo rotto le palle che lo abbiamo convinto a nasconderci sul retro, sotto una coperta che teneva per i cani. A lui avevamo fornito un alibi da fotografo insieme al tesserino di una ragazza giornalista conosciuta lì che si è seduta accanto a lui. C'è mancato pochissimo che ci cascassero, non ricordo il motivo che li fece tirare indietro ma fu veramente una quisquilia. Maledetti infrangitori di sogni!
Malgrado questi racconti, divertenti ma risolti con un pugno di mosche in mano, l'epopea zenghiana finì un po' meglio. Ovvero finì che lui una volta, vedendomi dalla finestra dell'hotel Aldrovandi, fuori in piedi con la faccia da cane abbandonato sull'Autostrada, dopo che avevo supplicato un ragazzo che stava entrando di chiamare Zenga e dirgli di uscire che lo volevo conoscere, disse al ragazzo "Lei? Sicuro? Ma lei la conosco!".
Roba di cui vergognarsi fino alla settima generazione. Per me fu motivo di orgoglio.

Impasto dei muffin
Ne parlo perché la scorsa settimana, mentre sfogliavo il libro di Knam per decidere in cosa cimentarmi, mi sono resa conto che a casa non c'era veramente una beneamata mazza per cuocere alcunché. Così mi sono dovuta arrangiare a fare i muffin, ricetta ovviamente presente sul libro, ma contenuta nella parte dedicata alle "basi". Ovvero: così se fanno i muffin bianchi, mo aggiustati tu.
E quindi me so' aggiustata alla meno peggio, con cannella e gocce di cioccolato.
Però certo, poca soddisfazione nell'aver creato un qualcosa che, parliamone, se non lo sapessi fare non lo potrei manco aprire, il libro di Knam!
Ovvio che ho avuto le mie difficoltà anche in questo caso, per esempio il cazzo di forno che, non l'ho mai confessato per non sembrare che cercassi scuse, ha la ghiera che segna i gradi completamente cancellata dall'usura. Così ogni volta metto gradi a caso, più o meno orientandomi, come quando cerchi de capi' l'ora sulla spiaggia, co' la meridiana fatta co' 'na canna de bambù. E ogni tanto sono sbagliati. Non solo quando metto grill al posto di forno statico, pure quando metto 190 invece di 185, ignorando di averlo fatto. Come in questo caso.
I muffin non si sono bruciati ma c'è mancato poco.
Anyway, mentre, a forno acceso, giravo per casa in cerca di refrigerio, ho trovato nascosta in una libreria, una scatola da scarpe con dentro un pacco di album fotografici risalenti alla preistoria.
E' stato lì che ho trovato la foto di Walter Zenga, la mia prima foto scattatagli (o fatta scattare).
Mi sono messa a guardarla con rinnovata tenerezza.
Ho ripensato ai rullini, alla paura che avevo quando scattavo una foto, che non sarebbe venuta bene o non sarebbe venuta per niente.
Avevo sempre la macchina fotografica nella borsa ed era sempre carica.
Certe volte, quando andavo a sviluppare i rullini, neanche ricordavo cosa avessi fotografato!

La foto in effetti, faceva realmente cacare. Perché lui era di corsa, assediato e poco disponibile, quel giorno. E io avevo la faccia di chi stava chiedendo i soldi a strozzo ad un malavitoso locale per strappare la famiglia alla morte per inedia.

Ebbi la fortuna di rifarne un altro paio. No, dai, la fortuna... che cazzata che ho scritto. L'ho pedinato negli alberghi per tre anni!! Comunque ne ho una in cui Zenga ha la faccia chiaramente svogliata di fare una foto con una rompicoglioni epocale e io con la faccia più felice del mondo, con un sorriso da far impallidire la caricatura de Julia Roberts. E' incorniciata e poi autografata.
Quando mi scattarono questa foto con Zenga, perché dovevi dire "per favore mi scatti una foto?", la nostra  prima foto, le successive le scattai foto a vuoto per far finire il rullino e portarlo a sviluppare. Era troppa la paura che la pellicola, per un caso fortuito, si bruciasse.
Non ci volevano 24 ore, o un'ora, addirittura, per averlo stampato, ci volevano tre giorni.
Quei tre giorni infiniti. Se è venuta male...quando lo ribecco...come farò.
Muffin pronti per essere infornati
Lo so che è molto banale, eppure ho avuto nostalgia della capacità di aspettare, persa con gli anni. Aspettare di sapere se una foto è venuta bene, aspettare il tempo che serve per sviluppare un rullino, aspettare di incontrare il proprio mito, aspettare che mi conceda tempo. Aspettare con l'idea che la pazienza, la tenacia, la convinzione di volere qualcosa, portino quasi sempre a raggiungerla.
Anche nell'imparare a fare dolci: la capacità di aspettare di essere capace.
A tutto questo ho pensato davanti ad una brutta fotografia che ferma un attimo non in posa ma un attimo di transito emotivo.
Aprirò un giorno mille parentesi per parlare del mio amore per il calcio degli anni intorno al 90 con sospirata nostalgia. Sembrerò più vecchia di quello che sono dicendo "ai miei tempi", come se tutto fosse stato meglio.
In realtà non so se di meglio ci fosse qualcosa, so che mi divertiva, il calcio e ora non lo fa più.

Adesso, nipoti cari, zia ha finito la storia: un muffin per uno e tutti a nanna.


 I muffin

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