mercoledì 18 aprile 2012

L'essenza del mio essere donna

Mattina.
Le 10.00 circa.
Sono appena arrivata davanti alla sede della mia banca.
Parcheggio il Liberty 50 bianco perlato.
Dietro di me,  impalcature in ascesa, segnalano l'inizio di lavori di ristrutturazione  della facciata di un palazzo.
Quattro giovani muratori, probabilmente in piedi dall'alba, stanno passandosi travi di legno e sbarre di ferro tra loro, dal portone al primo piano, parlando a voce altissima per sovrastare il traffico.

Sfilo il casco.
I capelli biondo cenere scendono a piombo sulla mia schiena,  poi si lasciano muovere dalle scie di vento, provocate dalle macchine in corsa.
Cerco di governarli sollevando gli occhiali sulla testa.
Pochi gesti che distraggono i muratori bloccando il loro lavoro, insieme alle loro voci, per qualche secondo, come in un fermo immagine.
Mi allontano seguita da sei occhi. Entro in banca.
Immagino che tutto fuori, riprenda come prima.

Esco dalla banca. Sono passati neanche cinque minuti.

Mi avvicino al motorino. 
Raccolgo i capelli nel casco prima di infilarlo, chiudo la borsa nel bauletto, tolgo il bloccaruote, sistemo lo specchietto. Sono pronta a partire.
I muratori mi vedono e sembrano di nuovo come in foto.  

Avrei potuto lasciarli così:
In silenzio. 
Rapiti dagli occhi verdi e dai capelli biondi, distratti dal décolleté mostrato appena dall'impertinente zip del giubbotto, in pausa.

Invece...

... mentre tolgo il cavalletto accosta in doppia fila, davanti a me, un furgoncino. Trasporta un bagno chimico, forse proprio per i muratori ancora immobili. L'uomo al volante ha lo sguardo fisso di chi pensa già a quante cose dovrà fare durante il giorno.

Così non posso uscire!
Alzo la visiera, aspetto che l'uomo del furgone si volti verso di me e poi con la voce da scaricatore di porto di Fiumicino dopo anni di Nazionali senza filtro, gli dico:

"Aho! Ciccio! Ma che nun m'hai visto?? Se te levi io esco... graaaazie!"

I muratori possono riprendere a lavorare.

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