mercoledì 29 aprile 2015

Dal calore di una Benson & Hedges.

Della Tabaccheria che ho avuto parlo sempre molto poco.
Eppure, in questo percorso/processo di riabilitazione di un rapporto interrotto troppo presto e male, con mio papà, è proprio da lì che sarei dovuta partire.
Quell'avventura scegliemmo di farla insieme ad inizio '94. Neanche 9 mesi dopo eravamo pronti a partire, da negozianti, io e lui. Avevo 21 anni.
Mi sembrava una cosa bellissima occuparmi di cartoleria, parlare con le persone e anche stare con mio padre. Mi sembrava tutto bellissimo, persino fare l'ordine dei tabacchi una volta a settimana.
Dal settembre in cui abbiamo iniziato, fino a dicembre, è stato un bel periodo. Difficile ma bello, diviso tra fiere, cose da imparare e poco tempo libero. Vivevamo d'entusiasmo.
A Capodanno papà si è ammalato, per morire 4 mesi dopo e tutto il bello è diventato solo un grosso e paurosissimo peso. Dovevo fare tutto da sola, più o meno, salvo l'aiuto sporadico di mia mamma e mia sorella appena diventata maggiorenne. Ho dovuto trasformare quel luogo in casa mia.
Stavo 6 giorni su 7 lì dentro e ci stavo dalle 8 alle 20.
Così per i quattro anni successivi alla morte di papà in cui ho continuato l'attività, la Tabaccheria  più che essere tale, era diventata un luogo di incontri: i miei amici sapevano di trovarmi lì e spesso ci passavano i pomeriggi; i clienti mi volevano bene e addirittura in molti, mi confidavano i loro segreti.
Ero a conoscenza di relazioni extraconiugali, problemi in famiglia, progetti di matrimoni tra figli di famiglie inconciliabili, vita dei futuri presidenti della Repubblica che "Quando si Ama", a confronto, era 'na barzelletta. Il tabaccaio è considerato un commerciante "veloce", da prodotto pronti-via; nel mio negozio nessuno si fermava meno di cinque minuti.
Gli stampini dei biscotti...in vetro
Ero stanca, stressata, impaurita, preoccupata di non farcela, con un dolore da accantonare, debiti che reputavo incolmabili e solo 21 anni però, (nella vita c'è sempre un però, come direbbe
Bersani,) me so' fatta certe risate che levete, come si apostrofa nella "Roma bene", ho messo tutta quella che ero, o ero rimasta, in quelle quattro mura e ho creato un ambiente che mi facesse andare avanti con il sorriso e soprattutto, con la speranza. Le persone che mi sono state vicine quei quattro anni, sono persone che non hanno più lasciato il mio cuore, anche se non le ho viste più.


Tutta sta prolissa premessa con tanto di allitterazione di s, l'ho fatta perché la scorsa settimana ho rivisto una di queste persone, un ragazzo ormai uomo, entrato in negozio per la prima volta a 15 anni ed oggi, dunque 35enne, prima cliente e presto amico, che non vedevo da inizio secolo.
Il motivo per cui non l'ho più visto, non era perché non me ne fregasse nulla o non avessi più da spartire con lui, è un po' più tipo "scurdammoce o passato" ovvero il mio tentativo di rimozione di tutti i dolori che mi portavo appresso insieme al negozio. E con essi anche le gioie.
Ho fatto con lui e con tutti, come con papà. Con tutti quelli che ci sono stati dopo la sua morte. Ho lasciato che andassero via, con le cose belle e le cose brutte che appartenevano loro. Ogni volta però, sorridevo un po' di meno.
Lui è finito nel calderone dell'inerzia, malgrado il bene che gli ho voluto e malgrado quanto, in quegli anni, sia stato un pezzo fondamentale della scacchiera che mi ha fatto finire la partita, senza subire il matto.
Solo quando l'ho riabbracciato  però, ho capito tutto questo.
E' stato il bellissimo attimo in cui ho unito il 1999 al 2015, salutando martedì scorso Alessandro, questo è il suo nome, che ho capito per l'ennesima volta, quanto l'affetto vero sia immutabile.
E quanto, soprattutto, preservarsi dal dolore sia naturale, senza dubbio, ma oltremodo dannoso.

Mi era mancato e non me n'ero accorta. Anche lui.

Pronti per il forno
Così ho fatto i biscotti e non una torta. Che c'entra? Niente però parlare in questo momento di dolci, è spezzare 'n attimo er pathos, come mettere il finale di una puntata dei Griffin a conclusione del ballo di Dirty Dancing! Allora meglio cambiare discorso. Strambare come col windsurf davanti ad uno scoglio.
O come quando ci si trova nell'evidente imbarazzo di non saper che dire e si approccia un "freschino/calduccio oggi eh? So' vestita a cipolla".
Uguale.
Magari dajela 'na lavata ar forno, eh?
Ecco la verità è che sto ancora pagando a suon di cambiali intestinali, i piccoli sgarri fatti a Pasqua e la cioccolata me se pianta sullo stomaco come er paletto de frassino nel cuore dei vampiri. Praticamente m'ammazza.  Sul libro di Knam, trovare una ricetta senza cioccolata, come ho già evidenziato, è una specie di chimera, il Sacro Graal. Quasi alla fine, nelle ultime pagine, ho trovato la ricetta per fare gli shortbread, biscotti al burro, tanto burro, tipici scozzesi, che noi compriamo nei supermercati  perché la busta rossa e piena di kilt, fa molto "ora del the", non capendo in tempo  che ne basta uno per soddisfare il fabbisogno calorico di una squadra di rugby sotto allenamento.
Quelli lì. Buoni che nun lo sto manco a di', però te foderano la bocca tipo er grasso de foca sul Barbour! Ho fatto quelli. Frolla e forno.
Li ho fatti precisi, precisi come chiede Knam. Addirittura, siccome chiede un diametro di quattro centimetri, io e Corrado abbiamo misurato tutti i bicchieri fino a trovare quello giusto, da liquore per la precisione, e siccome chiede un altezza di quattro millimetri,  abbiamo misurato la frolla stesa, col metro. Ovviamente quando s'è trattato di infornarli e cuocerli, ho capito che forse un lato della frolla era da 4, ma sicuro un paio erano da 3. Dovevano venire 35 biscotti e me ne sono venuti circa 50.
Dovevano venire dorati e so' venuti un po' troppo colorati. Però bbboni.

Eccoli qui

Dovrò rifarli. Come un sacco di torte.
Le stesse  un anno dopo? No eh? E' 'na cazzata ve'?



ps. La frase del titolo è un pezzo de "Un giorno migliore" dei Lunapop. Un bel pezzo, a mio avviso.
Quando uscì, nel 1999, cantavo senza difficoltà il testo intero e tutti mi chiedevano "Che dice dopo riscaldati dal calore?". Lo sapevo perché le vendevo.
Sigarette inglesi per biscotti inglesi. E il cerchio si chiude.

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