giovedì 29 gennaio 2015

Grande festa alla corte di Francia!

...c'è nel regno una torta in più!

Dai...non è la cosa più brutta che si sia mai letta?
E' nata così, spontanea come la mia influenza intestinale!
Il fatto è che questa settimana abbiamo la "Torta di mele alla crème royale" e non c'è stato  modo di trovare un titolo pertinente.

Giramento di planetaria
Corrado aveva suggerito di ascoltare la colonna sonora del "Tempo delle Mele" che magari trovavo un brano ad hoc.
Era una buona idea, peccato che questa torta apparentemente semplice, tra pan di spagna, creme e panne, mi ha costretto ad usare  fruste o planetaria per quasi tutto il tempo e con quelle accese, ascoltare lo stereo o il tablet, sarebbe stato assolutamente inutile.
Non si sentiva nulla.
Quindi se tenemo Lady Oscar, perché siccome c'è la "crème royale", me pareva giusto scomoda' Marie Antoniette et toute la cour.

Insomma una torta che, come dicevo si prospettava lunga ma semplice, con pasta frolla, pan di spagna, crema pasticcera e crème royale, si è rivelata una vera ed infinita rottura di ... uova.

Una cifra di uova.

Anzitutto sono tornata al solito problema della matematica. Il pan di spagna necessario, rispetto alle quantità indicate da Knam  nella parte del libro dedicata alle basi, era indivisibile e la crema pasticcera pure. Quindi ho diviso per un numero a caso considerando le uova (dividere in due un uovo non ce la potevo proprio fare) e poi ne ho utilizzata una parte sperando di non sbagliare troppo.


Ovviamente siccome ribadisco, nun je la posso fa', la crema pasticcera l'ho dovuta rifare 2 volte.
La prima infatti, ho diviso tutti gli ingredienti per 10 tranne la farina.
Credendo di aver fatto tutto giusto, contenta e soddisfatta, ho messo a cuocere il composto e lì ho capito che avevo fatto 'na cazzata: 10 secondi e stavo mischiando un blocco di cemento giallo e profumato di vaniglia.
La nuova frontiera dell'edilizia: la casetta di Hansel e Gretel oggi non è più un sogno ma una solida realtà.
Tra l'altro la crema l'ho fatta sabato, la pasta frolla domenica primo pomeriggio e tutto il resto domenica sera. Ovvero nei ritagli di tempo tra babysitteraggio ai nipoti malati (ed untori), shopping con mamma promesso da mesi, pranzo di compleanno e relativo regalo.
Questa torta sarà per me l'esempio a futura memoria, del fatto che se non ci metti cuore o anima, le cose non vengono bene.
I ritagli di tempo non sono quello che serve e fanno perdere concentrazione nonché "la poesia" del tutto.
Pan di Spagna in forno
Mettice pure che domenica pomeriggio avevo già cominciato ad avvertire i primi sintomi di influenza intestinale e, decisamente, preparare torte non è la prima cosa che te vie' voja de fa'.
Ma stavo in Zona Cesarini...non avevo molta scelta e continuavo a pensare che la "dovevo" fare (e non che la "volevo" fare).
Tutto questo ha generato piccoli guai da distrazione, quelli della sciatteria: frolla troppo bassa, crema troppo alta, non avevo limoni e per fortuna che ho l'albero e che gliene ho potuto rubare uno; poi ho rovesciato il sacco dell'umido per terra e mentre la crema montava, il forno scaldava...io raccoglievo monnezza.
L'umido in terra. 

Se fosse stato un anno a caso tra il 1998 e il 2007, probabilmente dopo la prima crema sbagliata, avrei "usato tutte le lacrime che non ho pianto" ( Gino Paoli docet) per fustigare la mia incapacità e buttare tutto nel cesso.
Invece sono andata fino in fondo e la torta, a quanto dice Corrado, è venuta anche buona. Sicuramente non come doveva essere ma commestibile!
Ho capito di avere dei problemi con le quantità degli ingredienti di Knam. Le proporzioni da lui usate non sono le stesse da me usate quando faccio torte e questo, non so perché, mi disorienta.
La frolla, per esempio, ha un quantitativo di burro quasi doppio rispetto a quello che uso io e poi ha quel pizzico di lievito che mi infastidisce.
Non mi permetterei mai di criticare il MAESTRO, assolutamente!
Ma sono certa che la frolla mi dia problemi sempre per lo stesso motivo: non la so gestire, me se sfragna.
Deve rimanere più in frigo? Non va bene la farina che uso? Non va bene il burro? Non lo so.
Sta di fatto che ogni volta la stendo e poi me rimane appiccicata al tavolino. La devo staccare con la spatola e si rompe e mi tocca rifarla direttamente nello stampo con risultati non eccelsi.

Per sentirmi meglio in mezzo a questa confusione, ho ascoltato, nei pochi minuti in cui è stato possibile, "Je ne regrette rien" di Edith Piaf. Se penso alla vita di questa straordinaria interprete, se penso al momento in cui ha cantato quello che è stato  uno dei suoi più grandi successi, quando ormai era data per spacciata, rosa dall'alcol, dalle medicine e depressa, beh, di certo non posso avere il coraggio di smettere di fare una torta!!

E no, rien de rien, nooo je ne regrette rien! 
Manco la crema pasticcera fatta de sabato che domenica pe' mettela sulla torta ho dovuto chiama' du' imbianchini co' la cazzuola!

Quando si pensa alla torta di mele, si pensa a Nonna Papera, alla merenda o alla colazione "di casa", a qualcosa che dia calore domestico. Era la torta che dovevo fare meglio, non peggio!
E' la dimostrazione che ne ho di strada da fare, che gli 11 mesi di torte che mi aspettano, saranno necessari per unire l'amore di un gesto all'amore di tanti gesti, a quelli che creano per amore.
Abuso indiscriminato della parola amore. 

Torta in forno
Il fatto è che in realtà, per cominciare questo racconto, avrei dovuto parlare di Suor Elena, la suora che mi ha "cresciuto" con l'amore di una mamma e grazie alla quale sono molto di quello che sono.
Ho passato con lei 5 anni di elementari e mille anni di catechismo, fino al dopo cresima.
Ne avevo 17 quando mi sono finalmente staccata dal nido.
Dopo di lei sono entrata in chiesa solo per cerimonie.
Era lei la mia chiesa e lei la mia casa.
Mi rifugiavo tra le sue braccia e l'ho continuato a fare fino a che ho potuto.
Suor Elena è stata molto male per diverso tempo e non l'ho potuta vedere dai famosi 17 fino ai miei 25 anni. Per quanto il primo allontanamento fosse stato volontario, un allontanamento di crescita, mi è mancata subito come manca una mamma.
Non avevo altro strumento che lo scriverle e le ho sempre scritto, sempre, tutti gli anni.
Le raccontavo la mia vita con gli auguri di Natale.
Nel 1998 ho saputo che era tornata a Tivoli, dalle suore del suo ordine, per reintegrarsi finalmente nell'ambiente scolastico.
L'avevo saputo perché dopo anni di silenzio, aveva risposto ad uno dei miei biglietti.
Le avevo scritto che andava tutto bene e che anche senza papà me la riuscivo a cavare con la tabaccheria (la mia attività di quel periodo). Le avevo scritto che auguravo anche a lei di stare meglio e di tornare presto e che le volevo bene.
La sua risposta mi spiazzò. Mi scrisse "Da quello che mi scrivi capisco che non sei felice. Non puoi stare chiusa tra 4 mura tu. Non è questa la tua vita".
Piansi per 24 ore di seguito. Giuro. Di seguito.
Aveva capito la mia infelicità dagli auguri di Natale?
E perché? Era la mia coscienza o trasudavo malinconia?
La andai a trovare appena mi fu possibile. Avevo bisogno di tornare nel suo nido.
Quel giorno non lo scorderò mai.
Avevo paura come quando ci si legge nell'anima e si sa che molte cose non ci piaceranno.
Perché lei sapeva leggermi.
L'ultima volta che l'avevo sognata, mi veniva incontro con un piede rotto e con un piede rotto la rividi dopo tutti quegli anni.
Era ed è una donna speciale la cui infinita bontà prescinde da qualsiasi abito indossi.
Mi disse solo poche cose, mi parlò di mio padre e dell'amore che mi dava, mi parlò dei suoi anni lontana e mi chiese dei miei.
Ho ancora forte il calore del suo abbraccio e l'importanza della frase che mi disse prima che andassi via: "Ricordati. Tu ogni mattina devi guardarti allo specchio e ripeterti che sei degna di essere amata".
Lo aveva capito subito che era lì, il problema.
Torta pronta!

E' vero Lelena, non me lo sono più detto...non l'ho fatto che per pochi mesi.
E ora faccio torte senza amore e scelgo titoli di merda per i miei post.







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