lunedì 16 maggio 2016

A Cla'...

Eccoci qui, guardaci... io con la forza dell'adolescenza nei capelli lunghi e un sorriso cercato nei ricordi, a pochi mesi dalla morte di mio papà e tu, grande e potente come l'io che hai donato ai posteri.
Questa foto ha 20 anni.
Era una sera qualunque, di un anno in teoria qualunque, di una vita qualunque, la mia. La mia cara amica Renata mi aveva chiamato piangendo perché il suo fidanzato, ora suo marito, aveva rotto con lei. Ero a consolarla ma ho ricevuto una telefonata: mia sorella che lavorava nell'allora ristorante "Le Nane" mi ha detto che eri lì a cena.
Ho preso Renata, la macchina fotografica e incurante del suo dolore sono venuta dov'eri, con lei.
Le ho detto "Scusami, ti consolerò tutta la vita, promesso, ma i treni passano una sola volta e bisogna prenderli".

Mi sono seduta nella hall del ristorante, ad aspettare che finissi di cenare.

Mi capitava spesso di fare un brutto incubo, in quel periodo; sognavo di incontrarti per caso, in strada, in ristoranti, nel backstage di un concerto non tuo e di chiederti di fare una foto con me.
Tu gentilissimo me la concedevi ma la macchinetta non scattava. Così ti chiedevo di aspettare, riprovavo ma alla fine andavi via ed io ero senza foto, con un ricordo che avevo perso per colpa di un oggetto.

Così quella sera, l'emozione di vederti fermare davanti a me e questa foto che mi hai concesso a "premio" per non averti disturbato a cena, è stato un incubo archiviato e finalmente la prova che i sogni si avverano e alcune volte sono meglio di quelli sognati.
E non per la foto, che ad oggi vedo quasi ridicola ma per un banale senso di rivalsa nei confronti del senso di inadeguatezza onirico, quindi reale ed inespresso.

Banalità da ragazzina.

Poi la vita mi ha portato un po' più vicino a te ma quello sguardo perso, quando ti ho vicino, non è cambiato mai.

E' difficile starti vicino e parlarti "normalmente", impossibile guardarti negli occhi.
Basta la tua voce che, appena la sento, apre mondi infantili, come risentire la canzone che ha scelto di cantarmi mamma quand'ero nella sua pancia, avvertire quella quiete che ti fa apparire al sicuro e quella possibilità di provare gioie e dolori, protetto da parole e musica.

Perché lo sai, questo fai tu: proteggi le vite delle persone dando forma cantata ai loro io, affinché un dolore o una gioia smisurata, passino prima da te, filtrati dall'immagine che hai voluto dar loro. E noi piangeremo sempre sulle tue note, non sui nostri se e ma.

Per questo è difficile parlarti, dirti cose diverse dal "grazie".

Perché custodisci la memoria di una vita, di ogni vita che ti ha scelto come colonna sonora.
Nello specifico, mi sembra pleonastico, la mia.
Spesso rimani l'unico file rouge con persone, luoghi ed eventi del mio passato.

Anche quando durante un concerto rivolgi lo sguardo verso dove mi trovo, ho imbarazzo.
Come se mi dovessi sentire alla tua altezza, come se mi sentissi "messa alla prova" o mi guardassi nuda.

Ecco Claudio, ti scrivo e ti racconto episodi di poco conto, perché dopo averti sognato ancora, l'altra notte, che invece di volere una foto con te, chiacchieravamo e io ti parlavo come farebbe una donna e non come un'adolescente adorante, ho sentito il bisogno di farti gli auguri non come un idolo ma come un uomo,  di mettere via anche io quel tassello iconico che in tanti anni ti ha permesso di camminare sollevato dal suolo, come ora.


Sono giorni che ascolto a ripetizione "Strada Facendo", come se non l'avessi mai ascoltato. I dischi, come i libri e come i film, hanno un momento per essere ascoltati, letti e visti. Quel momento di solito è quello che si sceglie, per dare un senso ai propri sentimenti inespressi, impalpabili o irraggiungibili.

Strada facendo, adesso, è il senso del mio percorso in una vita che mi ha visto cambiare, evolvere ma spesso anche involvere per cercare qualcosa che avevo perso, lasciato cadere dalle tasche troppo piene di cose che non servono.

Che sia anche il tuo, questo senso.
Che tu sia capace di involvere, ancora, per ritrovare un Claudio perso tra orpelli e suppellettili vuoti, messi lì da chi ama l'icona, non te.
Che tu abbia ancora il coraggio di guardare il mondo con la profondità con cui mi hai fatto crescere.
Che io possa camminare di nuovo grazie alle tue note che non guardano il passato ma il futuro, che non ricordano solo chi eri ma chi sarai.

E' il mio augurio, Claudio.

Sii sempre. Non qualcosa, non qualcuno, sii e basta.

Buon compleanno grande uomo.












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